Tratto dal mio romanzo “Tra cielo, terra e amore”.

La partenza
Ridevamo e piangevamo. Un uragano di emozioni infuriava nei
nostri giovani animi mentre, ancora seduti e con la cintura ben
allacciata, io e Leonardo atterravamo all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy, a soli diciannove chilometri dalla pullulante Manhattan, il cuore di New York City.
Planavamo lenti; felici senza darlo troppo a vedere, malinconici e
preoccupati al tempo stesso, lasciavamo l’Italia con l’illusione di
inseguire un sogno. A noi in realtà non interessava davvero l’America: noi desideravamo solo una possibilità per riscattarci, per cominciare finalmente a Vivere.
Lasciare il proprio paese non è mai cosa semplice; figurarsi per me, ingenua ragazzina di appena diciannove anni, impetuosa e fin troppo istintiva. Non avevo mai pensato di andarmene, o meglio, non sul serio; ma stavolta era per davvero: l’avevamo fatto, eravamo partiti. […]
L’arrivo
Finalmente il segnale di slacciare le cinture ci permise di alzarci e
sgranchire le gambe, prima di ritrovarci ammassati nello stretto e
affollato corridoio verso l’uscita del velivolo, poi di nuovo in coda per il controllo passaporti e un’altra volta in attesa per ritirare i bagagli.
Quando infine, esausti, ci ritrovammo all’aria aperta, dopo dieci ore di volo condite di dubbi e di pianti, gli animi come per incanto si risollevarono e improvvisamente il pensiero divenne più leggero, i colori più brillanti e la parola ‘positività’ riprese vita.
La primavera regnava tutt’intorno; sorridemmo l’uno all’altra e ci
tenemmo per mano, mentre la consapevolezza di aver preso la giusta decisione cresceva rapida nei nostri cuori.
La città
New York City, che città magica! Le luci, i colori e l’incredibile
sovraffollamento di persone e oggetti furono le prime cose a colpirmi della città che non dorme mai.
I grattacieli imponenti che si innalzano altissimi, le bancarelle ricolme di ogni genere di mercanzia, i carretti che vendono hot dog, talvolta a un dollaro, talvolta a tre, i taxi gialli che si affannano incolonnati su strade larghissime, le donne che sgambettano cariche di borse dello shopping, gli uomini d’affari diretti frettolosi agli uffici di Wall Street, l’immensa e contorta linea metropolitana che si snoda sotto vie incorniciate da migliaia di negozi di ogni sorta.
Era davvero come la ricordavo nei film: così caotica, così
sprizzante, così viva! Gente da ogni parte del pianeta vive nella Grande Mela, ed io adoravo quella sensazione di sentirmi un po’ come al centro del mondo. […]
Alessia Ongini
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